Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois

Foto di Stefano Spangaro - Cral Voltois
Vita genuina di montagna ... Voltois UD

sabato 19 aprile 2008

Bigoli mori













Un tempo le famiglie meno abbienti omettevano le uova ed il burro, che servono per rendere i bigoli più morbidi.
BIGOLI MORI

Sulla spianatoia preparare la farina integrale a fontana.
Aggiungere le uova, il burro e iniziare a impastare, aggiungendo, all’occorrenza, acqua tiepida e sale.
Lavorare bene per ottenere un panetto sodo ed elastico, lasciarlo sulla spianatoia e coprirlo per mezz’ora circa.
A questo punto inserire la pasta nel torchio-bigolaro e tagliare i bigoli della lunghezza desiderata.
Intanto starà trminando la cottura del sughetto d’anatra fatto con un soffritto di burro e cipolla tritata.
Aggiungere un poco di polpa d’anatra e le regaglie (tenere a parte il fegato), tutto tagliato a dadini.
Spruzzare con il vino bianco e c uocere 20/25 minuti aggiungendo la salvia (a piacere).
Aggiungere poco brodo, se necessario.Poco prima di togliere dal fuoco, aggiustare di sale e pepe e aggiungere i fegatini – mescolare e spegnere.
Lessare i bigoli nel brodo di anatra e condire con il sugo.

Bigoli alla zucca








Non ho messo i quantitativi, è una ricetta che ormai faccio a occhio. Mi riprometto di postarli nel prossimo autunno, quando rifarò i bigoli con questo sughetto.



BIGOLI ALLA ZUCCA

Bigoli freschi


Saltare in padella la zucca con poco olio e scalogno e una buona manciata di prezzemolo tritato finemente.

Salare, pepare e portare a cottura aggiungendo poco per volta brodo caldo.

In un tegamino a parte abbrustolire per bene la pancetta affumicata o lo speck

Scolare i bigoli, condirli con la zucca e quando sono nei piatti, mettere in cima una cucchiaiata di pancetta o speck col suo sughetto.

Bigoli mori












BIGOLI MORI IN SALSA

per 4 persone:

350 g di bigoli scuri (freschi si fanno con 200 g farina di grano saraceno, 150 g farina 00 e acqua q.b. sino ad ottenere un impasto sodo ed elastico)

400 g di cipolle bianche

10 acciughe salate dissalate

6 cucchiai di olio extravergine di oliva

Montasio grattugiatopepe biancosaleDividere la cipolla a metà e affettarla sottilmente.Metterla in un tegame con l’olio e lasciarla appassire finchè si presenta lucida ma non bruciacchiata.
Coprirla a filo con brodo caldo e cuocere a fuoco basso per 45 minuti, aggiungendo altro brodo poco per volta.
Una decina di minuti prima di spegnere il fuoco, unire le acciughe dissalate e tagliate a pezzetti.
Aggiustare di sale e pepe e condire i bigoli lessati e scolati.
Servire caldissimi ben spolverati con Montasio grattugiato

Bigoli coi rovinazzi







BIGOLI DE BASSAN COME SE FAN,COME SE FAN?

BIGOLI COI ROVINAZZI
ricetta padovana
per 4 persone
350 gr “BIGOLI” sono spaghetti tipici del veneto – sono impastati a mano e passati attraverso un particolare torchietto
250 gr “ROVINAZZI” sono le regaglie di (pollo, anatra, oca o quello che si ha) – fegatini, duelli, cuoricini
100 gr burrof
oglie di salvia
a piacereparmigiano grattugiato
sale q.b.
Cuocere i bigoli in abbondante acqua salata
Intanto pulire le regaglie di pollo (nel Veneto sono dette “rovinazzi” e sono composte da fegatini, duelli e cuoricini)
Ricordarsi di togliere bene il fiele e le parti di fegato venute a contatto col fiele stesso altrimenti si rischia di rovinare tutto quanto (il fiele è amarissimo-immangiabile)
Soffriggere in un tegamino il burro, unire alcune foglie di salvia, i duelli e i cuoricini tagliati a piccoli pezzi
Salare e cuocere per circa 20 minuti bagnando, se necessario, con acqua calda
Un poco prima di levare il recipiente dal fuovo, aggiungere i fegatini anch’essi tagliati a pezzettini
Scolare i bigoli a giusta cottura, condirli con l’intingolo e con abbondante parmigiano grattugiatoMescolare bene e servire subito

ALTRA VARIANTE
No salvia
Uguali gli altri ingredienti+ 2 scalogni+ ½ bicchiere vino bianco secco+ 1 cucchiaio raso di doppio concentrato di pomodoroRosolare nel burro lo scalogno, aggiungere i duelli e i cuoricini tagliati a pezzettini, lasciarli insaporire qualche minuto e poi aggiungere il concentrato di pomodoro sciolto nel vino – cuocere per circa 20 minuti a fiamma bassa e, se necessario aggiungere un poco di acqua della pasta – il fegato unirlo sempre in ultimo perché si cuoce in fretta.

venerdì 18 aprile 2008

Tritacarne per bigoli e per passatelli

Non ho inserito lo schiacciapatate con le 3 trafile : per passatelli, bigoli, spaghettini, poichè ci vuole molta forza per schiacciare l'impasto dei bigoli e si rischia di rompere l'arnese.







Bigolaro da tavolo antico





Torchio del bigolaro













Bigolaro moderno









Impastatrice Kenwood con applicato il tritacarne.

Il pistolotto nero, serve per pigiare gli impasti









Elica trainante impasti e coltello del Ken

Il coltello NON si usa per i bigoli e i passatelli








Elica del Ken
trafile: grossa per passatelli
media per bigoli
piccoli per spaghettini









Ken elica e trafila per bigoli












Ken elica e trafila per spaghetti












Ken elica e trafila per passatelli










Ken elica trainante per cibi e sotto il coltello che non si usa per i bigoli e per i passatelli






Ken trafila in bronzo per bigoli ... non ce l'ho - in rete costa circa 9 €









Tritacarne con elica e trafila per passatelli








Tritacarne a mano con elica - coltello (che non si usa) - trafila per passatelli e trafila per bigoli








Tritacarne a mano con elica e trafila per bigoli

"Bigoli" e trucco per farli e storia























Mai come ora "mai dire banzai" è più appropriato.
In quanti si sono arresi di fronte alla irreperibilità del "torchio bigolaro" apposito per fare i "bigoli"?

Per produrre alla maccheronica i Bigoli veneti, i sistemi sono molto semplici, senza dover spendere un capitale per un macchinario apposito.
Basta un piccolo tritacarne a manovella che più o meno tutti tengono in casa; è un aggeggino che si acquista anche al mercato delle bancarelle per pochi €.
Il tritacarne è costituito da un coltello a croce, da una trafila a disco con fori di vario diametro e da un’elica che trasporta il cibo verso questi meccanismi.
Basta eliminare il coltello a croce e rimarranno solo l’elica di avanzamento e la trafila, proprio come in una macchina pensata per realizzare la pasta fatta in casa.
Chi non ha uno schiacciapatate ?, Ne ho uno modernissimo con tre dischi con fori diversi.
Questo è un poco più difficoltoso da usare, poiché ci vuole una forza mascolina non indifferente per spremere l’impasto, che per i bigoli deve essere piuttosto sodo

Ed infine il Kenwood detto familiarmente Ken, che è automatizzato ed ha lo stesso principio del brutto fratellino “tritacarne”, con il vantaggio però, di avere tre trafile con buchi diversi.
Nel caso dei bigoli, è preferibile usare le trafile mezzane, però i gusti non sono tutti uguali, e quindi ognuno mette la trafila con la grossezza che preferisce.
Con il bigolaro invece, la trafila è unica e quindi è così o così.
Mi ricordo la nonna quando faceva i bigoli con il bigolaro, era un torchio che si fissava al tavolo, nonna metteva una bacinella sopra una sedia, la posizionava sotto al torchio e poi torchiava l’impasto con il bigolaro e gli spaghettoni cadevano lunghi nella bacinella sottostante.
Lo aveva portato dal Veneto, quando si è trasferita nella Lomellina.
Povera nonna, una volta facevano il trasloco molto spesso a San Martino, caricavano le loro poche cose su un carro trainato da buoi o cavalli e raggiungevano la nuova casa che di solito era del nuovo padrone che forniva lavoro .
Penso che il bigolaro di nonna si sia smarrito in uno di questi traslochi o chissà magari l’ha prestato e non glie l’hanno più ritornato; so che ho chiesto agli zii (6) ma nessuno si ricordava più di quel prezioso oggetto.
La foto del tritacarne giallo è di Paolo, un amico che in Cucinait, ci ha insegnato tanti trucchi, poi è emigrato e non so più dove sia finito, l’ho perso di vista.
Le altre foto che vi posterò nella categoria Altro, sono mie.

EL "BIGOLARO"
Vediamo un po’ le origini e l’uso di questo "bigolaro" che trova il suo maggior utilizzo agli inizi del 1900 circa.
La sua diffusione è nota soprattutto nel nord-.est della nostra penisola e veniva usato per la maggior parte dalle famiglie meno abbienti, poiché potevano preparare della pasta poverissima ma che nello stesso tempo fosse energetica e nutriente, tant’è che non potevano permettersi di acquistare le lasagne, che erano molto costose per la presenza delle uova.
Un tempo le uova erano moneta per libero scambio delle merci, ad esempio con 1 uovo si poteva acquistare in misura, 1 uovo di zucchero o di sale; con mezzo uovo saltava fuori un certo quantitativo di tabacco per la pipa del nonno oppure ½ uovo di concentrato di pomodoro che serviva per parecchie preparazioni ecc.
Le uova non mancavano, poiché tutte le famiglie avevano il loro piccolo pollaio, ma prima di tutto dovevano servire come moneta.
Quindi in prevalenza l’impasto era costituito da:
500 g di farina, un pizzico di sale e acqua quanto bastava per ottenere un impasto sodo ma elastico.
Il bigolaro era fissato al tavolo, oppure ce n’era un altro tipo che era fissato ad uno sgabello sul quale, in genere, si sedeva una ragazzina oppure la stessa persona che metteva in funzione il bigolaro.
Appena fatti, i bigoli venivano messi ad essiccare a cavallo di bastoni sospesi fra due sedie, detti bastoni hanno il nome dialettale di “perteghe” o “perteghete”, dipende dalla lunghezza dei bastoni.
In genere le massaie preparavano questa pasta una volta la settimana e per tutta la settimana, perciò l’impasto era considerevole, pensando anche al numero dei componenti la famiglia, che a quei tempi erano molto spesso numerose.
Dopo la seconda guerra mondiale, galeotto l’arricchimento della popolazione, questo torchio è andato in disuso grazie alla commercializzazione di nuovi prodotti alimentari.

Questo tipo di pasta ora si trova in vendita come “bigoli de Bassan”, si presta ad essere condita con diversi sughi che spaziano dai “rovinazzi” (frattaglia) – alla carne di anatra – al sugo di alborelle (ricetta gardesana) – con le sarde ecc.


Da una ricerca fatta sul web, esiste un San Bigolaro (359 d.c. - 421 d.c) – storia o leggenda che sia,
l’anno 1988 o 1987, un gruppo di amici del Patronato della Parrocchia di San Tommaso di Albignasego prov. di Padova, non sapendo che fare il fine settimana hanno deciso di fondare una confraternita (e qui vi trascrivo ciò che si dissero, poiché il loro dialetto pittoresco, merita attenzione.
“Cossa che femo domenega che vien?”.
Immediata la risposta di uno di loro: “A go’ trovà a casa el vecio torcio che me papà, o me nono, doparava par fare i bigoi, cossa disio se eo tiremo fora e se catemo a fare i bigoi e a magnarsei insieme?”.
Fu così che ebbe inizio la “Confraternita di Sanbigoearo”.
Riesumarono l’antico attrezzo del tempo che fu.
Cercarono la ricetta per l’impasto e trovarono il locale dove ritrovarsi per una sana bigolata

Definiti i punti chiave dell’impresa, un sabato pomeriggio dell’ottobre 1988, o forse era il 1987, una decina di baldi giovanotti si ritrovò di fronte ad un tavolo per produrre i primi bigoi destinati ad essere al centro di questa lunga e gloriosa tradizione.
Avendo trovato il grazioso luogo per il convivio, (i locali della parrocchia) quale migliore viatico che non quello di consacrare il glorioso convivio al protettore degli affamati di chiara origine veneta ?
Così avvenne e da allora una delle prime domeniche d’autunno ha luogo la giornata di San Bigoearo che, per tutti quelli che hanno contribuito al suo sviluppo e perpetuazione, rappresenta l’occasione di ritrovo annuale per un folto gruppo di amici.
Naturalmente hanno stabilito delle regole come le fasi del processo che porta alla produzione dei bigoi.

farina di semola di grano duro
uova
acqua (pochissima peraltro)
sale
acciughe
olive
salatini vari
birra
sudore (lubrificante necessario allo scorrimento dell’impasto)

1 Ognuno dei baldi giovini che al sabato antecedente la giornata di San Bigoearo si trova di fronte al tavolo per l’impasto viene munito di:
2 kg di semola di grano duro
un vassoio di uova (n° 16)
due o tre gocce d’acqua
la farina viene disposta a cratere ed all’interno di questo vengono rotte le uova (operazione di una difficoltà inaudita … (i giovanotti si divertono pure)
L’uso di attrezzi del mercato globale quali impastatrici automatiche è rigorosamente vietato.
L’impasto deve essere manipolato sino ad ottenere un impasto omogeneo, consistente ed elastico allo stesso tempo
In questa fase della lavorazione è fondamentale l’apporto di alcuni ingredienti quali acciughe, olive, birra, salatini (ingredienti che spesso entrano nell’impasto al fine di portare il classico tocco d’artista).

2 Anche per produrre i bigoi l’unica energia impiegata è la forza umana (anche se in questa fase un aiuto dal mercato globale non sarebbe proprio rifiutato).
Dalla titanica attività si ha la produzione dei bigoi che lo standard della confraternita fissa nella lunghezza a circa 25/30 cm.

3 I bigoi vengono posti ad asciugare, distesi su canovacci, per una notte e quindi al mattino della domenica successiva sono pronti per essere cotti e consumati.

La ricetta descritta, il processo produttivo, la misura dei bigoi sono di proprietà della costituenda Sacra Benemerita Confraternita di San Bigoearo.

*** Le mie ricette dei "bigoli", le trovate nella categoria di "pasta fresca"

Testimonial Excellent























Sempre Stefano mi ha passato il secondo (anzi ... questo sarebbe già il terzo) testimonial ...
Che dire, non me lo sarei mai aspettato perchè ho detto dall'inizio che consideravo questo mio blog come un archivio solo mio ... a quanto pare piace e ciò mi rende molto felice.
Grazie Stefano !
Il testimonial lo passo sempre a:

http://auroraeadriano.blogspot.com/

http://daisettelaghi.blogspot.com/

sempre per i meriti che ho segnalato nel testimonial del Foca Pride e lo passo anche alla mia nuova amica peperina:

Pepe e peperoncino Michela

per l'impegno e la buona volontà che la distingue in cucina.
... (lei dice che non sa fare nulla ... dighe de sì ......... )

Foca L. Pride



























Devo ancora ringraziare Stefano di Mestolo & Paiolo che mi ha passato il testimonial della foca.

Devo dire che più che foca mi sento un bradipo, vorrei saperne di più di informtica e invece imparo mooolto lentamente, perciò per tutte le cordinate e se volete saperne di più, leggete sul blog http://mestoloepaiolo.blogspot.com/.

Passo il testimonial ad Aurora, amica da ... sempre. E' colpa sua se ora vi inondo di ricette casalinghe e senza molte pretese. Ha due mani d'oro e perciò vi segnalo il suo blog, visitatelo, ne vale la pena. http://auroraeadriano.blogspot.com/

Passo il testimonial anche a Lauretta, mamma felice di quattro bimbi meravigliosi, l'ho conosciuta che aspettava il primo ... timida ragazzina carica di energia e di voglia di fare. Ha un ricco blog che spazia in diversi campi, mettetevi comodi e guardatelo. http://daisettelaghi.blogspot.com/

Pasta verde per ...









PASTA VERDE per ….

per 4 persone350 gr di farina2 uova + 1 tuorlo150 gr di spinaci surgelatiun cucchiaino di olio extravergine di oliva

Scongelare gli spinaci e passarli in padella per farli asciugare molto bene.
Tritarli fini fini
Nel Kenwood mettere la farina, formate un incavo e inserite le uova (senza guscio), gli spinaci tritati, l’olio.
Avviare l’impastatrice e lasciarla in funzione finchè si sarà formato un impasto sodo ed elastico.
Appoggiare questa palla di impasto sulla spianatoia coperta da una terrrina capovolta (coperto a campana) e lasciare riposare 20 minuti.

Con questo impasto si possono preparare:
con il Ken:
lasagne – tagliatelle – tagliolini (e se ci sono le trafile, altri tipi di pasta)
a mano:
stringozzi – scialatielli – pici ecc.

Besciamella molto particolare












Ho messo la ricetta del Pesto di sedano, sommatelo a questa besciamella e pensate a delle lasagne verdi preparate da voi ...

'nu 'bbabà !

BESCIAMELLA molto PARTICOLARE
500 ml. di latte,
300 g di ricotta,
300 g di caprino fresco,
un pizzico di sale e pepe,

Scaldare il latte in una casseruola; quando è caldo aggiungere la ricotta, il formaggio e le spezie. Amalgamare molto bene con il frullatore e togliere dal fuoco.

Pesto di sedano








foglie di sedano


Il sedano ha un sapore molto forte e particolare, a chi piace, questo pesto è molto buono per preparare una buona teglia di lasagne.


PESTO di SEDANO
500 g di foglie di sedano
100 g di basilico
100 g di pinoli
100 g di formaggio Montasio stagionato grattugiato
olio extra vergine d'oliva q.b.
2 spicchio d'aglio
preparare il pesto, frullando tutti gli ingredienti.

Maionese













Ho imparato molto tardi a fare la maionese, forse perchè mi dicevano tutti che era difficile, o forse perchè a casa mia non è un articolo che vada molto.

Ho imparato a farla con la ricetta di Sergio Salomoni che ho conosciuto in Cucinait, le sue ricette sono sempre state molto chiare e di facile comprensibilità, perciò molte delle mie ricette sentono l'influenza della cucina di questo straordinario amico.

Vi segnalo anche la ricetta di Carla che, oltre a dare qualche consiglio, mette anche un poco di senape nella maionese.

MAIONESE

Occorrente:

3 uova,
un limone
sale e pepe
1/4 litro d'olio di semi di arachide
acqua fredda
Tutti gli ingredienti, tranne l'acqua, devono essere alla stessa temperatura ambiente. (estrarre le uova dal frigo almeno 2 ore prima)
Mettere nel vaso del frullatore a immersione, nell'ordine:
un uovo intero e due tuorli, il succofiltrato di mezzo limone, pizzico abbondante di salee tutto l'olio
immergere fino infondo il frullatore e azionarlo, tenendolo sempre aderente al fondo del recipiente;
dopo qualche secondo, quando si vede attraverso l'olio che la maionese comincia a formarsi, alzarlo
lentamente e riabbassarlo per alcune volte, in modo da incorporare tutto l'olio assaggiare con un dito e se occorre aggiungere limone o sale, unire anche un cucchiaio di acqua fredda, che serve a stabilizzare la salsa, rimescolare bene.
Sergio Salomoni – Cernusco Sul Naviglio (MI)


L'aggiunta di olio troppo velocemente, oppure le uova sono troppo fredde, fanno impazzire la maionese.
La faccio a mano, con una frustina o con il cucchiaio di legno, senza albume.
Tieni presente che ogni tuorlo regge fino a 150 g. di olio, ma è molto meglio metterne di meno, ne guadagna il sapore, 100 g sono sufficienti per addensarlo.
Uso 2 cucchiai di olio evo e il resto olio di semi di buona qualità, oppure olio di oliva di gusto molto molto leggero.
Metti il tuorlo in una scodella, un bel pizzico di sale e, se vuoi stabilizzarla meglio, 1 cucchiaino o anche meno di senape.
Inizia a mescolare, aggiungi l'olio goccia a goccia e continua a mescolare; quando comincia ad addensarsi puoi iniziare ad aggiungere qualche goccia di limone.
Continuare così fino alla fine.
Ricordati che l'olio addensa e il limone diluisce, quindi se metti troppo limone, correggi con un po' di olio.
Assaggia alla fine ed eventualmente aggiungi sale, ma tieni presente che il sale si scioglie e si amalgama alla maionese dopo qualche minuto, quindi non eccedere se non vuoi ritrovarti con una maionese troppo salata.
carla sangiorgio Castell'Arquato

Oeuf a' la bela Rusin + storia








STORIA
La Bela Rosin
Vittorio Emanuele II di Savoia, all'epoca ventisettenne e non ancora re, conobbe la quattordicenne Rosa Vercellana nel 1847 probabilmente a Racconigi (dove il padre di Rosa, ufficiale delle guardie del re, comandava la tenuta reale di caccia), innamorandosene subito.
Con Rosa Vercellana Vittorio Emanuele ebbe due figli, cui diede il cognome Guerrieri ed il nome di Vittoria (1848) ed Emanuele (1851), pur rimanendo formalmente sposato con Maria Adelaide d'Asburgo Lorena, da cui aveva già avuto 4 figli.
L'amore e l'affetto che Rosina provava verso il re rimase sempre molto forte, tanto da non essere scalfito dal fatto che Vittorio Emanuele, oltre ai 4 figli avuti con la moglie, la regina Maria Adelaide, aveva molti altri figli in varie parti d'Italia, frutto di passioni tanto occasionali, quanto numerose, figli cui dava sempre il cognome di Guerrieri o Guerriero.
Con il trasferimento della capitale, nel 1864 Rosina seguì il re d'Italia a Firenze, stabilendosi nella villa La Pietraia. Nel 1869 Vittorio Emanuele II si ammalò di polmonite nella Tenuta di San Rossore.
Temendo di morire, il re improvvisamente sposò Rosa Vercellana con il solo rito religioso (che non conferiva alla Vercellana nessuno dei diritti e poteri di regina).
Ripresosi dalla malattia, a Roma, anni più tardi, il 7 ottobre 1877 Vittorio Emanuele II sposò Rosa Vercellana anche con matrimonio civile.
Rosina diventò moglie del re anche per lo Stato, ma senza acquisire il titolo e la dignità di regina e rimanendo pertanto, agli effetti legali, moglie "morganatica".Isolata e disprezzata dai nobili, che la consideravano una arrampicatrice sociale, e dai politici (fra i quali Cavour, che temeva per il prestigio e l'immagine internazionale che il Regno di Sardegna stava acquisendo), Rosa Vercellana, che non sapeva leggere e scrivere e parlava solo la lingua piemontese, fu invece molto amata dal popolo per le sue umili origini.
www.parks.it/parco.po.to/pun.torinese.html


OEUF A’ LA BELA RUSIN

Per 4 persone
4 uova maionese
Inserire le uova nel tegame con acqua fredda e un pizzico di sale.
Portare ad ebollizione e dal momento del bollore, calcolare 7 minuti.
Trasferire le uova sotto l’acqua fredda e sgusciarle.
Tagliare le uova a metà, tenere a parte il giallo e riempire il bianco con la maionese.
Preparare in un piatto ovale da portata, un letto di foglie di insalata trevisana o lattuga, appoggiare sopra i bianchi delle uova e sopra spolverare uniformemente con il giallo delle uova che passa attraverso il passaverdure.
Servire subito altrimenti il giallo dell’uovo si secca troppo.
* Nella maionese si può mettere del prezzemolo tritato fine insieme ai capperi e una cipollina fresca.
* Servire come antipasto o come piatto freddo estivo accompagnato dal salame.

*** Il sale è un addensante per il guscio delle uova, così si evita la rottura delle uova.

Rododendro












Ero triste e mio marito mi ha regalato questo stupendo rododendro, che mi rallegra la casa.
Fra poco andrò sulle mie montagne e allora li vedrò allo stato naturale, dove formano dei bellissimi tappeti colorati.
Virtualmente lo dono a voi, perchè vi rassereni e vi porti una ventata di aria pura.

Risotto all'onda coi bisi









RISOTTO ALL’ONDA COI BISI

300 g riso Gallo carnaroli
rodo di pollo
1 scatoletta piselli Bonduelle
1 cipolla
passata Mutti a piacere
1 dado ai funghi
Sale e pepe q.b.
Olio ex v q.b.
1 pezzetto di burro
formaggio Montasio stagionato grattugiato
In poco brodo in ebollizione, versare 300 g di riso e portarlo a cottura.
A parte, in un tegamino e tutto a freddo, versare un poco di olio, mettere la cipolla tagliata a mezze rondelle sottili, i piselli con la loro acqua di governo,l passata Mutti a piacere (poca o tanta) e un dado ai funghi.
Cuocere per il tempo che cuoce il riso.
Verso la fine della cottura del riso, versare questo sugo preparato, mescolare bene e aggiungere brodo sino a farlo diventare un riso morbido (non asciutto).
Aggiungere una buona manciata di Montasio grattugiato e un pezzetto di burro per mantecare.
Mescolare e servire.

giovedì 17 aprile 2008

Ovetti sott'aceto








Questa è una vecchissima ricetta da osteria. Un tempo, quando non c'erano tante restrizioni, le osterie avevno sul banco uova sode, polpette, uova sott'aceto e altro, perchè i carrettieri, i contadini e altri avventori d'osteria, al mattino mangiavano uno stuzzichino prima del solito e caro bicchiere di vino.

Io l'ho riproposta come appetizer ai miei amici che hanno gradito e spesso mi richiedono appositamente.

OVETTI SOTT'ACETO

24 uova di quaglia

1 litro di aceto di vino bianco

2 chiodi di garofano

3 bacche di ginepro

1 cucchio di zucchero

1 cucchiaino di senape in grani

1 cucchaino di pepe colorato misto in grani

1 peperoncino rosso dolce

sale

Lavare le uova delicatamente, adagiarle in un unico strato in una larga casseruola e ricoprirle di acqua fredda salata. Da quando inizia il bollore calcolare 4 min.di cottura. Raffreddarle subito sotto l'acqua corrente e sgusciarle.

Preparare in un tegame l'aceto con lo zucchero, le spezie ed il peperoncino tagliato a rondelle. Cuocere a fuoco moderato per 10 min. Mentre il liquido si raffredda, sistemare le uova nei vasetti, coprirle con l'aceto speziato, in modo che ci siano almeno un paio di cm in più di liquido.

Chiudere ermeticamente i vasetti e lasciare in frigo per almeno 2 giorni. Le spezie servite per aromatizzare l'aceto, possono essere versate nei vasetti o si possono togliere a piacere e a gusto.

Girandole di salmone










GIRANDOLE DI SALMONE

Stendere bene la pasta sfoglia scongelata, coprirla di salmone e arrotolarla. Avvolgerla nel cellophane e metterla in frigorifero a raffreddare bene, quando si toglie dal frigorifero, scartarla in fretta e tagliarla a rondelle larghe un dito. Appoggiare queste girelle sulla placca del forno coperta da carta forno e lasciarle dorare.

Antipasto di sgombri














ANTIPASTO DI SGOMBRI

1 kg di sgombri

2 spicchi d'aglio

2 filetti di acciughe salate

1 cucchiaiata generosa di capperi

10 olive verdi snocciolate

prezzemolo

olio ex v osale e pepe q.b.

Lessare gli sgombri, spelarli e conservare i filetti (possibilmente interi)Unire nel mixer l'aglio,le acciughe dissalate, i capperi, il prezzemolo, il pepe e tritare il tutto senza farlo diventare poltiglia)In una teglietta ovale, disporre i filetti di sgombro, spalmare sopra metà del pesto mixato. coprire con il resto degli sgombri e per finire il resto dell'impasto profumato.Coprire con olio e lasciare macerare per qualche ora.

Baccalà del fogolar























Teglia di baccalà in preparazione










Baccalà pronto, sopra c'è la crosticina formata dal soffritto di aggiughe sciolte nell'olio con il pangrattato.

Eccellente direi ... ma mi sto lodando da sola


BACCALA’ DEL FOGOLAR
1 kg baccalà
1 kg patate
1 porro grande o 2 medi
3 acciughe dissalate e diliscate
1 ½ tazza da tè pane grattugiato
prezzemolo
olio ex v. di olivaq.b.
No sale

Dissalare il baccalà in una bacinella con abbondante acqua per 24 ore, cambiando l’acqua almeno 2 volte al giorno.
Lavarlo bene, mettere il baccalà in una pentola coperto d’acqua e portare ad ebollizione. Appena inizia a bollire, spegnere il fuoco e lasciarlo intiepidire.
Conservare l’acqua di cottura.
Mondare e tagliare a rondelline sottili il porro, sia il bianco che il verde e lavarlo bene.
Sbucciare le patate, lavarle e tagliarle a rondelle sottili.
Lavare, tritare il prezzemolo e mischiarlo al pane grattugiato (1/2 tazza).
In una teglia da forno disporre uno strato di rondelle di porro, uno strato di baccalà spinato e senza pelle e uno strato di patate.
Irrorare con l’olio ex. v. di oliva.
Spolverare bene con il pane grattugiato misto al prezzemolo.
Fare un altro strato di porro, baccalà, patate.
A parte, in una padella con una generosa dose di olio (che sarà poi assorbito dal pane), stemperare le acciughe dissalate, diliscate e lavate.
Appena si sono sciolte, versare nel sughetto una tazza di pane grattugiato e lasciarlo rosolare per bene
Nella teglia, versare 3 mestoli di acqua di cottura del baccalà, coprire con il soffritto di acciughe e pane grattugiato e distribuirlo bene.
Coprire la teglia senza sigillarla, con un foglio di carta stagnola.
Infornare a forno già caldo a 220° per 45 minuti, togliere la carta stagnola, e lasciar gratinare ancora per 15 minuti.
A questo punto il mio baccalà era perfetto e il sughino ben rappreso.
Servire a parte una buona insalatina di stagione mista.

martedì 15 aprile 2008

La polenta ... libera interpretazione










Ogi è una giornata di nostalgia, sento forte la mancanza delle mie montagne ... che mie non sono, perchè sono nata in mezzo alle risaie della Lomellina.

Ma l'amore è galeotto, e ha messo di mezzo lo zampino. Mio marito è friulano-carnico, mi ha fatto conoscere il suo paese e le sue montagne ed ora sono diventate anche mie.

A Pasqua non siamo andati e ora mi mancano parecchio, così mi tornano alla mente i paesaggi, le persone che amo tanto, gli aneddoti e quindi mi sono ricordata anche di queste chicche che questa sera vi ho proposto.













secondo l'interpretazione di uno scolaro di Socchieve di classe III unica

"A me mi garba molto la polenta. Io la polenta la mangio di bonora, di mezzogiorno e di cena e anche alle quattro.

La polenta se la fa con la farina de panoghie e con l'acqua e si mette anche il sale senò dicono che fa venire la pelagra.

Per fare la polenta si mette l'acqua nella calderia, poi si fa bollire sopra il fuoco e quando si vede le bolle si mette dirento una presa di farina e dopo tutto il s'çiatulino.

Poi si prende il mesculo e si la rompe e si la lascia sçialdare.

Poi si mesceda...si mesceda cencia stufarsi fin quando la spussa di cotto.

Poi la si giàva e la si buta sul taiere che la fuma.

Ai signori, a loro piace la polenta tenera perchè la mangiano con i luierini, ma a casa mia, la quale siamo poveri, la mangiamo dura senò lo stomaco si delibera subito.

La polenta più dura è quella dei boscadori, che la taiano con la manaria.

Anche i pastori mangiano molta polenta nelle casere e prima di buttarla in bocca la stricciano e la folpeano fra le aine perchè diventi più mulisitta.

Io amo la polenta e mangio anche le croste.

La polenta, se cade a terra, fa sbrisciare. Mia nonna l'altro ano ha pesçiato un poco di polenta e è colata e ha s'çiarnato un piede che abbiamo squegnuto portarla a Socchieve da quela donna che comedda gli ossi.

Evviva la polenta!

Anch'io mi chiamo Polentarutti."

La mucca











Questo è il tema che un mio amico di Socchieve ha svolto nel lontano 1947 quando ancora era bambino.
Da tenere presente che a quell'epoca la scuola era una terza unica.
Il tema è particolarmente gustoso per il dialetto carnico "maccheronico" e i termini locali italianizzati spontaneamente dall'alunno.
Il tema, per la sua particolarità, è ancora esposto nella bacheca della scuola di Socchieve e lo potete leggere anche sul sito http://www.donneincarnia.it/









LA MUCCA

"La mucca è la moglie del mucco. essa vive nella stalla perchè in casa sporcherebbe.

Essa non domanda mai permesso per fare la pipì.

La mucca ha due gambe davanti e due dietro.
Ma di dietro è ancora una gambetta più fine che la chiamano "coda" e che non arriva per terra. La coda serve per parare via le mosche e i tavani.

La mucca si chiama anche vacca ed ha la testa como il cavallo, ma tutta differente; perchè ha due corni che si fanno i codari per mettere le coti quando si sega il fieno.

La mucca ha una bocca come un forno, essa è fienifora perchè si mangia un taulato di fieno.

La mucca si la tiene perchè dà latte; la quale si fanno il formaggio, la ricotta e la sponghia, che poi diventa onto.
Il latte la mucca lo tiene in un sacco, che è sotto la pancia.Io non sono capace di sapere come si chiama per taliano questo sacco, ma in friulano lo dicono "uvri". Il latte viene fuori da quelle spine che sono sotto il sacco e che bisogna tirarle e struccarle. Questo si chiama molgere la mucca. Quando la molgono la mucca fa "moo, moo...".

Poi la mucca da la bogaccia, che si chiama letame. Io ho una mucca che si chiama "sisila" .

L'anno passato ne avevo due, ma una è morta con un ferro di guggia. Mio nonno ha chiamato il vetrinario che ha detto che era malata e fraida patocca e che bisognava sepelirla. Ma il vetrinario non capisce gnente e mio nonno più furbo di lui, la ha copata e ha fatto pindule che abbiamo mangiato per tre mesi.

Io amo la mia mucca"

Sauris e il suo prosciutto



















Prosciutto di Sauris



La tradizionale Sagra del Prosciutto di Sauris, si tiene la prima e la seconda domenica di Luglio










Portatrici carniche








Finestra in fiore








In primavera le case sono agghindate da fiori stupendi











Stavolo di Sauris


Mmmmmmhhhhhh Prosciutto di Sauris, delizioso, genuino e gustoso grazie alla sua particolare affumicatura che è dovuta al tradizionale metodo che, esattamente come faceva Pietro Schneider nel lontano 1862, viene effettuato bruciando legno di faggio dei boschi locali, nei tradizionali caminetti e convogliano il fumo nei locali di affumicatura.L'aria purissima e fresca, la cornice delle montagne e dei boschi, l'ottima qualità degli ingredienti, il microclima particolare, insieme ad altri fattori è alla base del suo inconfondibile sapore, dolce e leggermente affumicato.
Eredi di un'antica tradizione, i produttori di oggi continuano ad utilizzare le tecniche di un tempo e lasciano stagionare per 12/16 mesi i prosciutti prima di affettarli.


Che dire di Sauris ? E’ composta da Lateis, La Maina, Sauris di Sotto e Sauris di sopra ed è il gioiello della Carnia! Sauris è il comune più alto della Regione Friuli Venezia Giulia, mt 1212 mt slm; i primi insediamenti risalgono al XIII secolo, è un delizioso paesino ai confini del mondo, nella verde Carnia, la regione nel Nord Ovest della provincia di Udine costellata di paesaggi smeraldini, da malghe e tanto altro …
Per accedervi si arriva ad Ampezzo e dopo la piazza, al bivio che conduce a Forni di sotto e di sopra, c’è la strada che conduce a Sauris.
L'incomprensibilità del linguaggio è dovuto alla tradizione che ancora oggi a Sauris si parla una lingua diversa dal resto della Carnia, un misto di ladino e tedesco medievale, estremamente affascinante.
E’ solo da pochi anni che è collegata con Casera Razzo (bellunese), altrimenti non c’erano altre vie d’uscita se non camminare o in inverno sciare, per raggiungere altre località. In ogni caso, la strada viene tutt’ora chiusa in inverno, per pericolo di valanghe.
Secondo le leggende popolari, la comunità di Sauris fu fondata da due soldati tedeschi che, stanchi della guerra, fuggirono dal loro paese e si rifugiarono in questa valle isolata ed impervia.
Come ogni leggenda, anche questo racconto ha un fondo di verità: i primi abitanti, infatti, giunsero da qualche valle al confine tra la Carinzia ed il Tirolo attorno alla metà del 1200 e vi rimasero, affascinati dal clima incredibilmente mite per la quota e la latitudine, gli alpeggi abbondanti ed il panorama assolutamente straordinario.
Per più di sette secoli i loro discendenti vissero in isolamento pressoché assoluto (quando fate la famosa strada che risale il torrente Lamiei e pensate a cosa doveva essere percorrere quella valle PRIMA della strada vi renderete conto del perché dell'isolamento) dal resto del mondo: gli unici contatti si avevano quando le donne scendevano a fondovalle, sino ad Ampezzo, per procurarsi i generi alimentari che non potevano ottenere sul posto e scambiare i loro prodotti o c’erano le portatrici carniche che affrontavano una stretta e ripida mulattiera che costeggiava il fiume Lumiei e che, con le loro gerle portavano viveri, medicine ed altro, per un libero scambio con i saurani.
Questo di solito accadeva durante l'autunno e l'inverno, quando non erano impegnati nei lavori agricoli e negli alpeggi: gli uomini formavano una catena umana di spalatori di neve, dandosi il cambio in testa ogni poche ore, per garantire così una buona velocità di avanzamento e mantenere aperto il sentiero, le donne andavano nei paesi a piedi, coi carri o con le slitte, a barattare i propri prodotti.
Il Lago di Sauris, di origine artificiale risale ai primi anni '50 stupisce per il colore azzurro intensissimo delle sue acque… difficile da descrivere.
Nei lunghi inverni, che allora erano rigidi e la neve era molto abbondante, i defunti erano tenuti nelle soffitte e solo con il disgelo e con le stradine praticabili, effettuavano i riti religiosi del caso e venivano finalmente sepolti nel cimitero.